Embryo-Onis di Giuliano Sale
Vi furono allora lampi, voci e tuoni e un terremoto talmente grande, che mai è avvenuto così veemente da quando l’umanità è apparsa sulla terra, per cui la grande città si scisse in tre parti e le città delle nazioni crollarono. (San Giovanni, Apocalisse 16)
Appaiono come usciti da un bestiario medievale o da una wunderkammer del XVI secolo, i visionari personaggi di Giuliano Sale, testimoni inconsapevoli di un’era postatomica. Inquietanti esperimenti da laboratorio, frutto d’improbabili manipolazioni genetiche, i sinistri esseri sono immersi in lattiginose atmosfere ciberpunk dove l’incubo quotidiano contagia quello apocalittico sulla scia di Lovecraft passando per Edgar Allan Poe e giungere a Kafka e Orwell. In bilico tra realtà e fantascienza, Giuliano Sale sviscera i mostri dell’immaginario collettivo, i più iniqui fantasmi dell’inconscio per restituire ibridi transgenici, esseri mutanti di una nuova preistoria creati dal delirio di onnipotenza della razza umana che si pone in antitesi ad ogni forma d’idealismo. Uniti in un connubio volto alla sopravvivenza reciproca, uomini e animali vivono la medesima bestialità in ambienti spogli e desolati, in metafisici silenzi dove bene e male si fondono inesorabilmente, inconsapevoli della comune ed imminente fine poiché è la drammatica pulsione della storia umana, che, inevitabilmente, consiste nell’associazione indissolubile e vitale, fra sistole del bene e diastole del male, come citato da Asor Rosa.
Appaiono come usciti da un bestiario medievale o da una wunderkammer del XVI secolo, i visionari personaggi di Giuliano Sale, testimoni inconsapevoli di un’era postatomica. Inquietanti esperimenti da laboratorio, frutto d’improbabili manipolazioni genetiche, i sinistri esseri sono immersi in lattiginose atmosfere ciberpunk dove l’incubo quotidiano contagia quello apocalittico sulla scia di Lovecraft passando per Edgar Allan Poe e giungere a Kafka e Orwell. In bilico tra realtà e fantascienza, Giuliano Sale sviscera i mostri dell’immaginario collettivo, i più iniqui fantasmi dell’inconscio per restituire ibridi transgenici, esseri mutanti di una nuova preistoria creati dal delirio di onnipotenza della razza umana che si pone in antitesi ad ogni forma d’idealismo. Uniti in un connubio volto alla sopravvivenza reciproca, uomini e animali vivono la medesima bestialità in ambienti spogli e desolati, in metafisici silenzi dove bene e male si fondono inesorabilmente, inconsapevoli della comune ed imminente fine poiché è la drammatica pulsione della storia umana, che, inevitabilmente, consiste nell’associazione indissolubile e vitale, fra sistole del bene e diastole del male, come citato da Asor Rosa.
Origina da una prassi allegorica e dall’ossessività del corpo come esplorazione, il lessico pittorico di Sale che non pare estraneo al grottesco immaginario Matthew Barney e che al contempo rivela la stessa carnalità dei corpi leonardeschi e la tensione congiunta al tormento delle figure di Michelangelo. Impietoso e cinico narra lo straniamento dell’uomo contemporaneo, sopraffatto da repentini cambiamenti, ossessionato dalla caducità della vita che genera inevitabilmente mostri, costruendo scenari apocalittici di un mondo primordiale, ai limiti dell’inverosimile, che sembra attingere da cult movie del calibro di Blade Runner e Brazil e i toni plumbei ricalcare le note gotiche di Nick Cave e Joy Division. Ma seppur così esplicitamente orrido e angoscioso, l’universo dell’artista non prescinde da sfumature ironico-caricaturali che tendono a rimarcare i tratti somatici di uomini e bestie, dagli occhi svuotati dalla luce, che brancolano invano fino alla fine del mondo. Di devastanti tempeste nucleari, di efferate mutazioni genetiche, di un’umanità disillusa e degenere si affolla l’immaginazione febbrile e mistificante di Giuliano Sale, visionario artista che ha fatto della pittura il sapiente mezzo per placare i moti dell’animo ed esorcizzare i demoni dell’esistenza perché io cerco il vuoto, il nero e il nudo./ Ma perfino le tenebre sono come tele/ in cui vivono, uscendomi dagli occhi a migliaia/ esseri scomparsi dagli sguardi familiari. (C. Baudelaire)
Roberta Vanali da catalogo mostra
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