Il racconto della forma di Antonio Marras
E’ naturale pensare alla mostra di uno stilista come ad un gran contenitore che attraverso abiti e schizzi ricostruisca un percorso creativo, possibilmente con qualche video delle ultime passerelle stagionali. Ma Antonio Marras non è uno stilista qualunque e l’esposizione allestita nell’ex saponificio sassarese ne è la prova. Gran parte degli abiti esibiti spesso sembrano cuciti direttamente sui manichini, schizzi d’accessori e studi dei particolari hanno la freschezza e l’immediatezza di dipinti informali, e gli scampoli di stoffe e passamanerie sono creativamente assemblati a comporre piccole ed estrose bamboline. Fanno da cornice grandi pannelli neri che ricoprono le pareti e dai quali emergono antiche fotografie di sconosciuti, ticket di mostre, disegni e giochi per bambini, bottoni, nastri, ideogrammi giapponesi, piccoli oggetti e vecchi accessori. La mostra del Masedu si presenta come un viaggio attraverso il tempo, un accostamento di ricordi, di stratificazioni della memoria, spaccati di vita dell’artista e di chi lo circonda, unitamente a citazioni che provengono dal mondo dell’arte e del teatro, elementi che insieme alla cultura sarda ed al recupero della manualità artigiana concretizzano il suo singolare linguaggio creativo.
Marras è uno stilista che lavora al confine tra arte e moda e per questo dedica un’intera collezione ai costruttivisti russi ed anticipa la collezione autunno-inverno riservata al medioevo di Eleonora d’Arborea. Assembla abiti nuovi e vecchi per dare vita a suggestive installazioni: modelli maschili d’epoche differenti, dalle intense fragranze di antiche e usurate stoffe, esibiscono lunghi fili ai quali sono appesi dorati campanacci atti a coinvolgere dimensioni, oltre che visive, olfattive ed uditive. Memoria e scorrere del tempo sono confermate dalle tante valigie colme di abiti e scarpe accatastate come in un deposito ferroviario, e dalle teche che una dopo l’altra si stagliano a contenere come reliquie vecchi pupazzi, chiodi arrugginiti e lettere ingiallite.
L’esposizione culmina nella sala dalle alte volte dove tra la luce fioca s’intravedono antichi letti altissimi, di ferro battuto, sistemati alla rinfusa su un pavimento completamente ricoperto di vecchi materassi in lana. Dalle reti penzolano abiti da sera dagli scintillanti lustrini, camicie da notte e biancheria intima, tutti rigorosamente anni ’30 e ’40 ad evocare avvolgenti atmosfere incantate e che ancora una volta riescono a trasportare il visitatore a ritroso nel tempo, sul filo della memoria. L’omaggio ad Antonio Marras si conclude ad Alghero, città natìa dello stilista, dove fino al 31 agosto è possibile ammirare una serie d’installazioni realizzate con l’ausilio dell’artista Maria Lai. (r.v. exibart)
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