Leonardo, genio curioso

Conservato a Milano presso la Biblioteca Ambrosiana, il Codice Atlantico prende nome dal formato dell’unico grande volume nel quale in origine erano raccolti gli appunti di Leonardo da Vinci. Databili tra il 1478 e il 1518, le carte hanno purtroppo subìto gravi rimaneggiamenti da parte dello scultore Pompeo Leoni che ereditò gran parte dell’immenso materiale dalla famiglia Melzi. L’intento di separare i disegni artistici da quelli tecnologici e unificare le pagine scientifiche ha dato vita allo smembramento dei manoscritti originali per costituire il Codice Atlantico e la Raccolta Windsor. Il Museo di Villanovaforru per celebrare il Genio universale di tutti i tempi ospita nelle proprie sale 70 tavole del suddetto Codice nell’Edizione Hoepli del 1894 e diciotto modelli, corredati da pannelli esplicativi, realizzati nella prima metà del Novecento sulla fedele base dei progetti contenuti. L’esposizione, suddivisa in cinque itinerari quali il volo, l’acqua, l’architettura e il cantiere, la guerra, il lavoro, dimostra come alcuni progetti del maestro, realizzati oltre cinquecento anni fa, siamo anticipazioni geniali delle nostre attuali macchine e come le riflessioni e gli appunti giornalieri rendano allo stesso tempo l’immagine di un uomo con passioni e debolezze. Accanto ai minuziosi studi troviamo, infatti, gli elenchi della spesa con i rispettivi costi, le norme per mantenersi in buona salute, la bozza con la quale si rivolge a Ludovico Sforza lamentando di non ricevere il salario da oltre due anni, l’annotazione della morte del padre, o la paradossale spesa di sei soldi per la divinazione del futuro.



Tra i modelli in mostra, relativi agli studi sull’acqua, è di particolare interesse il palombaro con guanto palmato e respiratore munito di due canne a funzionamento alternato. Il semiornitottero a forma di aliante, rientra, invece, nella prima fase degli studi sul volo sul quale si concentrerà fino alla morte. Il dispositivo dotato d’ali battenti, veniva azionato da un pilota, ma la forza era insufficiente per muoverle con estrema rapidità. Allo stesso ambito appartiene la più celebre macchina di Leonardo, lontano antenato dell’elicottero, la vite aerea: una fune arrotolata sul perno imprimeva una veloce rotazione che permetteva alla macchina di sollevarsi avvitandosi nell’aria. Tra le macchine da guerra troviamo il prototipo del carro armato il cui movimento era garantito da otto uomini che azionavano un sistema d’ingranaggi collegato alle ruote; a seguire l’organo a trentatré canne, una sorta di potente mitragliatrice con bocche da fuoco ordinate su tre file.
Non minor rilievo meritano il ponte girevole, tutt’ora in uso, il battello a pale, prototipo delle barche ad elica, il cuscinetto a sfera e l’elemento a catena applicato ancora oggi alle moderne biciclette. A questo proposito il restauro di Grottaferrata, eseguito tra il 1962 e il 1972, ha portato alla luce un’importante scoperta nel foglio 132/v del Codice, il disegno di una bicicletta. Tracciato da mano inesperta l’ipotesi che un allievo l’abbia ricopiata da un originale del maestro può essere confermata dal fatto che la pagina rimase incollata per oltre quattro secoli e che le ruote dentate e la catena corrispondono a quelle disegnate dallo stesso Leonardo nel Codice di Madrid. “Il giudizio nostro non giudica le cose fatte in varie distanzie di tempo nelle debite e proprie lor distanzie, perché molte cose passate di molti anni parranno propinque e vicine la presente, e molte cose vicine parranno antiche…” [Leonardo, Atl. 29 v. a.]”.

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