Illador

Sarebbe bello ritirarsi sull’una o sull’altra incurvatura di questa costa, mettere fine al viaggio e fermare il tempo. In questo modo Ernst Jünger, uno tra i massimi filosofi del secolo scorso, si espresse in merito alla scoperta della costa di Villasimìus, quasi una folgorazione all’interno di quel lungo viaggio che lo condusse nella terra che affascinò Valery e Lawrens. Illador fu il toponimo che scelse per quell’isola dei nuraghi che gli concesse la facoltà di cogliere la magia del silenzio, ascoltare l’infuriare del vento, dialogare con i pescatori o scrutare le orme trasferite sulla sabbia dagli animali in cerca di cibo. E’ risaputa la capacità dello scrittore di assimilare culture differenti e così fece in quella selvaggia isola che intuì essere la perla del Mediterraneo e le cui sensazioni volle documentare con La Torre Saracena e Terra Sarda. A quest’ultima pubblicazione s’ispira Marina Anedda, ripercorrendo le tappe dello scrittore senza limitare la sua ricerca alla concretizzazione di ciò che Jünger vide cinquant’anni prima, ma partendo dai quei luoghi tanto amati ne reinterpreta gli angoli più suggestivi attraverso quel coinvolgimento trasmessole dal filosofo più controverso dei nostri tempi. Ed ecco che le impronte di un insetto e di solitari uccelli approdati sulla spiaggia si tramutano in un raffinato ricamo; o le radici affioranti dalla sabbia riescono a mostrare quella forza, conferitagli da un intenso chiaroscuro, che sembra liberarle dalla prigionia del sottosuolo. E così tutto si trasforma. Talvolta interi scorci marini, dove alle scogliere si alternano lunghe distese sabbiose, si delineano come trasfigurati dalle rigorose immagini in bianco e nero, spesso dominate da cieli plumbei, nei quali svettano antiche e suggestive torri. L’artista sembra privilegiare quegli angoli che da millenni subiscono i segni del tempo, modellando rocce granitiche, che in alcuni tratti hanno assunto la parvenza di tessuti organici, o mutando la vegetazione, quasi a rifiutare quelle assolate spiagge che nella stagione estiva subiscono affollamenti sovrumani, nell’intento, invece, di rievocare quelle forti sensazioni che solo una terra selvaggia può comunicare e che tempo addietro incantò grandi scrittori.

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