La quadreria di Giovanni Spano

Canonico e senatore del Regno di Sardegna, Giovanni Spano, nel XIX secolo diede un grande apporto al patrimonio culturale isolano, e nel corso della sua vita collezionò un numero imprecisato d’opere che coprono un arco cronologico dal XIV al XX secolo. Di queste si conservano oggi sessanta dipinti che, ancora privi di una precisa collocazione, rappresentano la quadreria Spano . La tavola più antica, raffigurante San Domenico, attribuita ad un collaboratore del Traini, definito Maestro della Carità, apparteneva in origine ad un polittico del perduto convento di San Domenico a Cagliari, ed assegnata al XIV secolo. Gran parte della quadreria, infatti, è costituita da tavole che derivano da antichi retabli smembrati, provenienti prevalentemente dalla capitale sarda. Tra queste Le stigmate di San Francesco, tavola descritta dallo stesso Spano nella Guida della città, era ubicata nella distrutta chiesa di San Francesco. Datata al XVI secolo, l’opera consente un’attribuzione, a mio parere fortemente opinabile, al maestro cagliaritano Pietro Cavaro.


Dalla cattedrale di San Pietro a Ploaghe, proviene invece l’olio su tavola de La Sacra Famiglia, assegnato da Maltese e Serra al Maestro di Ozieri, è stato collocato alla prima metà del XVI secolo. L’iconografia ispirata ai modi raffaelleschi riprende un’incisione di Marcantonio Raimondi. A Francesco Pinna, artista sardo tardo-manierista il cui corpus è stato recentemente ricostruito, appartengono tre delle opere in mostra risalenti al primo ventennio del XVII secolo. L’Adorazione dei pastori, con la Trinità e i Santi Gerolamo e Domenico, faceva parte di un retablo che sino al principio dell’Ottocento occupava l’altare maggiore della chiesa di San Saturno a Cagliari. Si riscontrano forti analogie michelangiolesche nel trattamento dei panneggi, nel rilevamento plastico e nei cromatismi particolarmente accesi assimilabili a quelli del Tondo Doni. Al Maestro del Capitolo sono attribuite le tele di Santa Caterina d’Alessandria, Santa Barbara, Sant’Agnese e L’Immacolata. Non sarebbe da escludere, e a parer mio, anche la tavola della Vergine Assunta che stilisticamente è riferibile ai modi pittorici del maestro. La Scano, assegnando le opere alla metà del XVII secolo, rileva nel pittore influssi derivanti dall’ambiente genovese, emiliano ed in parte spagnolo.


Meritano, inoltre, particolare attenzione la Madonna col Bambino la cui paternità sarebbe ascritta a Paul Coecke, La Trinità e La Madonna della Misericordia assegnate a Baccio Gorini, mentre tra le opere non ancora attribuite emergono il San Sebastiano, l’Ecce Homo, il Cristo alla colonna e la Sacra Famiglia. La mostra, che avrebbe dovuto approdare a Cagliari per essere inaugurata il 25 ottobre al castello di San Michele, ha subito un inaspettato cambio di programma da parte dell’arcivescovo di Sassari, Giovanni Isgrò, che prorogando la mostra a Ploaghe non ha assicurato la tappa cagliaritana. L’arcivescovo ritiene, infatti, inopportuno spostare la preziosa raccolta dalla sua sede, mentre sarebbe legittimo conoscere il reale motivo di quest’ingiustificato gesto, dato che la “preziosa” collezione non è considerata tale in quanto non ha mai avuto un’adeguata collocazione. In attesa di risposte più appaganti aspettiamo l’arrivo del tesoro di Ploaghe, patrimonio isolano che tutti avrebbero diritto di conoscere.

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