100 anni di ceramica in Sardegna
Un secolo della produzione ceramica sarda, rappresentato da 300 opere che scandiscono l’evoluzione della terracotta fino a divenire espressione artistica di un popolo.
Il percorso espositivo si articola in due distinte fasi, la prima include manufatti realizzati tra la fine del XIX secolo e l’inizio della seconda guerra mondiale, mentre la seconda sintetizza la ripresa dell’attività ceramica dalla fine degli anni cinquanta ai giorni nostri. Le opere in mostra costituiscono un importante tramite espressivo spesso sottovalutato e raramente proposto al pubblico, questo il motivo per il quale parte delle opere, pur particolarmente preziose, sono esposte per la prima volta in Sardegna, come nel caso di alcune brocche, usate in particolari occasioni festive e conservate al Museo delle Tradizioni Popolari di Roma. Francesco Ciusa diede avvio, nel primo decennio del Novecento, alla prima manifattura di ceramica, La Spica, nel quale il gusto decorativo ispirato all’arte popolare, definì uno stile denominato stile sardo. La Spica vide la formazione di Federico Melis, che elaborò, la muffola, ovvero la cottura degli smalti a caldo, e Ciriaco Piras che a Dorgali istituirà una scuola locale basata sull’uso degli stampi e della decorazione a freddo. Negli anni ’30 lo stile sardo appariva ormai sorpassato, a dare una svolta sarà Melkiorre Melis, dopo la nomina a direttore della scuola di Ceramica Libica di Tripoli, sperimentando un innesto di valenze egizie e motivi decò nella ceramica ispano-araba. Nei primi anni ’50, al primitivismo “folcloristico” che caratterizzò il principio del secolo, fu sostituito l’arcaismo dei bronzetti nuragici, che per l’essenzialità delle forme si prestavano particolarmente alla nascita di uno stile “moderno”; tra i rappresentanti più significativi che aderirono al nuovo tipo di linguaggio troviamo Gavino Tilocca, Giuseppe Silecchia, Mauro Manca.
La rinascita dell’artigianato sardo con l’integrazione di arcaismi, cadenze popolari e ricerche d’avanguardia, come continuità fra arte popolare e arte contemporanea, vedrà emergere nuove personalità come Antonio Corriga e Paola Dessì, ma anche nomi già affermati artisticamente, non rimarranno immuni a questo tipo di espressione, come nel caso di Maria Lai, che dopo aver assorbito la lezione di Marino Marini rientrerà in Sardegna per dedicarsi alla ceramica dalla fine degli anni cinquanta. Una nuova fase si aprirà negli anni ’60, tralasciando la sperimentazione formale per affrontare l’aspetto commerciale, attraverso l’ente l’ISOLA, guidata inizialmente da Eugenio Tavolara e Ubaldo Badas. Tra la consistente produzione ceramica contemporanea, oltre alle opere in terracotta di Costantino Nivola e Pinuccio Sciola, meritano particolare attenzione le ceramiche raku di Caterina Lai e i delicati cromatismi che decorano i manufatti di Gianfranco Pintus.
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