Il senso di Sarah Stein per l’oggetto

Racconta l’esperienza del processo visivo mai concluso, Sarah Stein, delle forme che cambiano aspetto ridefinendo lo spazio circostante e l’oggetto stesso. E della memoria come elemento fluido e mutevole. Allo Spazio Meme di Cagliari, fino al 7 dicembre.

Sarah Stein – Device for Vicarious Perception – 2012
Partendo dal presupposto che oggetti e memoria sono intimante legati alla nostra esistenza, Sarah Stein (Vancouver, 1978) indaga la forma e il suo sviluppo come struttura per rendere visibile l’invisibile. Elementi presenti in natura – legno, pietre, cristalli e frutti – si configurano come medium per indagare la realtà attraverso il significato intrinseco dell’oggetto. Fanno da tramite, così come si relazionano tra loro, ma l’informazione è comunque mutevole poiché la struttura è simile allo spazio usato nelle teoria delle stringhe, per cui ogni punto diventa multiforme spingendosi oltre la quarta dimensione.
Il video come racconto è anche la genesi della mostra, fondata sul modello del nastro di Moebius, struttura utilizzata da Escher per le sue architetture impossibili. Tra citazioni al Kiefer alchimista e al Melotti naturalista, l’oggetto estetico come strumento di decodificazione è confacente a costruire narrazioni che possano essere smontate e ricomposte sovvertendone il significato. E lasciare aperte nuove possibilità d’interpretazione.

Roberta Vanali
Cagliari // fino al 7 dicembre 2012Sarah Stein – The Opening: Structures of Uncertaintya cura di Giangavino Pazzola e Enrico PirasSPAZIO MEMEVia Goffredo Mameli 78memarte.org@gmail.commemeartecontemporanea.blogspot.it

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