Ugo Ugo e il suo tesoro ritrovato


Suddiviso in cinque capitoli sotto forma di dialogo, il collettivo OR - al secolo Enrico Piras e Alessandro Sau - attraverso Montecristo Project inaugura un progetto dedicato alle problematiche inerenti lo stato dell’arte in Sardegna che dedica alla complessa figura di Ugo Ugo, lungimirante pioniere anticonformista che ha rinunciato al suo percorso artistico per inseguire un sogno: creare una collezione delle ultime tendenze artistiche in una città come Cagliari alla fine degli anni Sessanta. Un tesoro bistrattato ma riscoperto anche grazie al racconto degli artisti Andrea Nurcis ed Enrico Corte.



“Quando mi resi conto che la Sardegna non era divisa dall’Italia soltanto dal mare, ma da rancori, rivalse, equivoche fierezze da una parte, da atteggiamenti di sufficienza e vagamente razzisti dall’altra, mi ero già votato a stabilire, nel campo che mi competeva come direttore della Galleria comunale d’arte di Cagliari, un rapporto di scambio con la vita culturale e le corrispondenti strutture delle altre città italiane.” E’ l’incipit inequivocabile di Ugo Ugo (Cagliari 1924) nella premessa al catalogo della collezione d’arte contemporanea da lui ideata e creata tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta e inaugurata nel 1975 per arricchirsi ulteriormente negli anni successivi. Operazione notevolmente difficoltosa all’epoca e dai risultati controversi fino ad ora per cui era necessaria una ricognizione tesa a mettere in luce l’opera e l’importante figura ancora troppo trascurata di Ugo Ugo, direttore dal 1967 al 1985 della Galleria Comunale, nonché intellettuale ed artista protagonista del Gruppo Transazionale. Nasce pertanto il progetto “Ugo Ugo: the artist as director” per Montecristo Project, spazio teorico in forma di blog a cura di Enrico Piras e Alessandro Sau con il prezioso intervento di Enrico Corte e Andrea Nurcis, artisti che hanno avuto modo di collaborare con Ugo fin dagli esordi e che si battono perché la collezione, sfrattata e mutilata, sia intitolata al suo creatore e trovi la giusta collocazione permanente. 


Nonostante gli anni di fermento culturale e la risonanza nazionale l’isola non ha saputo cogliere questa importante occasione di svecchiamento ma al contrario l’ha interpretata come una colonizzazione estranea alla cultura locale, infatti sia le istituzioni sia l’opinione pubblica cagliaritana continuava ad assumere posizioni conservatrici appoggiata da alcuni intellettuali dell’epoca che all’indomani dell’inaugurazione, avvenuta il 3 marzo 1975, hanno pensato bene di stroncare l’intera operazione. Al contrario dei giornali nazionali dove un esempio è la preview del Corriere della Sera: “A Cagliari hanno cominciato a parlarne quattro anni fa e adesso lo fanno: a Milano ne parlano da sempre e non fanno niente. [..] Grazie ad un infaticabile direttore e a un Comune forzato nella direzione giusta, sta per nascere un museo che, pur con i suoi limiti, si annuncia come uno dei più stimolanti d’Italia”. Personalità come quelle di Gillo Dorfles, Corrado Maltese, Marisa Volpi Orlandini e Salvatore Naitza, all’epoca docenti all’Università di Cagliari, hanno supportato Ugo nei contatti e nella selezione degli artisti insieme ai torinesi Aldo Passoni e Vittorio Fagone. Ed ecco che accanto ai sardi Ermanno Leinardi, Rosanna Rossi, Giovanni Campus, Gaetano Brundu, Primo Pantoli, Tonino Casula e Igino Panzino compaiono personalità come Enrico Castellani, Giorgio Griffa, Agostino Bonalumi, Giulio Paolini, Mimmo Rotella, Ugo Nespolo, Piero Fogliati, Gianni Colombo, Vincenzo Agneti e così via per un totale di oltre ottanta artisti e un centinaio di opere acquisite direttamente dal Comune di Cagliari ad un prezzo politico uguale per tutti grazie alla legge del due per cento. 


Uno dei grandi meriti di Ugo è proprio quello di aver messo a confronto i maggiori protagonisti dell’arte italiana dell’epoca con gli artisti locali più rappresentativi e aver dato a questi ultimi l’opportunità di crescere ma non solo, dal momento che nel 1982 decide di aprire la galleria ai più giovani e qui entrano in ballo Andrea Nurcis ed Enrico Corte che, insieme a Paolo Calia e al collettivo Star System (di cui faceva parte Roberto Coroneo, futuro luminare di Storia dell’Arte Medievale, nonchè Preside della Facoltà di Lettere, precocemente scomparso) espongono in Galleria affiancando le opere della Collezione. “Ero andato a trovarlo nel suo studio… una persona molto carismatica con una gran barba, sembrava un patriarca, viveva come in una comune circondato da tante persone che lavoravano con lui, faceva anche teatro”, ricorda Andrea Nurcis. Legati da un’amicizia che dura ancora oggi, si ritrovavano nell’ufficio di Ugo per discutere d’arte e ascoltare i suoi aneddoti in merito agli incontri con gli artisti in giro per l’Italia che hanno permesso di mettere insieme la Collezione, grazie alla sua curiosità intellettuale e creativa unita ai modi affabili e signorili che lo contraddistinguevano. Gli ostacoli invece continuavano a provenire dall’arretratezza degli organismi comunali e dei loro dirigenti che arrivarono persino a proporre mostre di artigianato sardo. 
Concepita come “un organismo vivente”, la Collezione sottintendeva il coinvolgimento fisico dello spettatore mediante opere come il Portagiri di Agneti o il Fleximofono di Fogliati. Erano nove le sezioni in cui si articolava lo spazio espositivo che concentrava le tendenze principali che hanno caratterizzato la scena artistica degli quegli anni: “Orientamenti del Realismo”, “Pondus”, “Arte Cinetica” e “Percezione visiva”, “Arte Concettuale”, “Grafica figurativa”, “Nuova pittura” e “Arte concreta”. 



Prosegue il racconto Andrea Nurcis: “entrare nella Galleria di Ugo significava immergersi in un'altra dimensione spazio-temporale che poco aveva a che fare con ogni rumoreggiante cadenza dialettale. Varcata quella soglia, incominciava a mancare la forza di gravità. In quegli spazi si galleggiava con la mente e ogni legame con la propria terra scompariva. L’arte era l’unica entità che contasse.” Purtroppo di alcune opere, tra cui lo Spazio elastico di Colombo e l’Ambiente Cronostatico di Boriani e de Vecchi, abbiamo solo qualche testimonianza poiché irrimediabilmente perdute: “attraversando il primo piano della Galleria, passo di fronte allo Spazio Elastico, l’installazione ambientale di Gianni Colombo costituita da una stanza dipinta di nero al cui interno una griglia di corde elastiche luminose si deforma, si allunga e si restringe grazie all’azione di motorini nascosti, deformando la prospettiva di chi vi stia in mezzo. Più avanti ancora, ecco l’Ambiente cronostatico degli artisti Boriani e De Vecchi, una camera oscura di forma cilindrica in cui una lampada pendente dal soffitto fino al centro dell’ambiente emette un flash di luce in modo da fissare per qualche tempo le ombre degli spettatori sulle pareti rivestite di carta speciale.” Racconta Enrico Corte in occasione di una delle prime visite in Galleria e prosegue ricordando le parole di Ugo: “vedi, qui ci avrei messo la sfera di carta di giornale e filo di ferro di Michelangelo Pistoletto. E’ un suo lavoro importante, lo conoscerai perché è stato pubblicato anche nel primo libro di Germano Celant sull’Arte Povera. Pistoletto la portava in giro, la faceva rotolare per le strade.” Avrebbe dovuto fermarsi a Cagliari, dal momento che Pistoletto la donò ma la mancanza di contributi per affrontare le spese di spedizione hanno fatto si che una delle icone dell’Arte Povera non arrivasse mai in città. E sempre di Ugo è stata l’idea di recuperare i grottoni antistanti la galleria per ampliare gli spazi espositivi e ospitare artisti a rotazione - operazione realizzata dopo trent’anni dal Comune di Cagliari - e di estendere il percorso nei Giardini. E’ così che Mauro Staccioli colloca il suo Cuneo d’acciaio addossandolo ad un albero.


Ma il grande progetto di Ugo, concepito come luogo aperto alla città mettendo quella che era un tempo dominio esclusivo di élite borghesi e aristocratiche a disposizione di tutti, prevedeva, oltre a seminari, dibattiti, proiezioni e laboratori didattici, il continuo aggiornamento della Collezione, mai avvenuto perché la direzione di Ugo si interrompe nel 1985 quando, due anni prima del pensionamento viene nuovamente trasferito negli uffici comunali con mansioni che nulla avevano a che fare con l’arte. E’ qui che pian piano la Collezione subisce un grave smembramento fino ad essere quasi del tutto smantellata - tranne parte delle opere degli artisti locali - avvenuta per lasciar spazio alla Collezione Ingrao, donata con la clausola di essere esposta in tutta la sua interezza. Ciò ha comportato un allestimento degli spazi espositivi soffocante al limite dell’horror vacui oltre alla presenza di opere mediocri che costituiscono un buon cinquanta per cento della Collezione. Le opere rimaste della Collezione (oltre a quelle già citate manca tutta la grafica da Carrol a De Vita fino a Guerreschi) per merito dei restauri sono per lo più in buone condizioni, tranne per quanto riguarda l’opera di Griffa, che nell’incomprensibile intervento di intelaiatura e stiratura è stata violentemente snaturata e quella di Tonino Casula realizzata nel 1969 con smalti aerografati su masonite la cui patina pittorica è stata irreparabilmente danneggiata nel tentativo di restaurarla ridipingendola con pennello. Stessa sorte è toccata all’opera di Castellani che dopo il restauro appare quasi plastificata dal probabile intervento pittorico con colore acrilico bianco. 


Ad oggi questa importante collezione è stata esposta solo tre volte e solo in questi ultimi anni, in occasione di Cagliari Capitale suddivisa in sezioni e in quasi tutta la sua completezza proprio in questo periodo al Palazzo di Città. Sarebbe opportuno trovare una sistemazione permanente sono invece previste solo esposizioni temporanee mentre per quanto riguarda l’intitolazione a Ugo Ugo ancora tutto langue nonostante la proposta successivamente approvata dell’assessore Francesca Ghirra. Ben venga quindi questa importante ricognizione voluta dagli ideatori di Montecristo Projet e ancor prima dagli artisti Andrea Nurcis ed Enrico Corte con l’auspicio che non trascorrano altri trenta anni prima di rendere merito a questa importante Collezione e al suo lungimirante creatore. Perché Cagliari lo merita.


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