I miei giochi? A un certo punto li hanno chiamati arte. Morta a 93 anni Maria Lai, identità profonda della Sardegna artistica ed ecumenica


Maria Lai (foto Gianluca Vassallo)
Maria Lai (foto Gianluca Vassallo)
Siamo sulla terra, che gira a circa trenta chilometri al secondo, in un viaggio che è pur sempre un viaggio speciale, dove non si distingue la partenza dal ritorno. La vera nostalgia non è quella per un’isola. È l’ansia di infinito”. Più nessuna nostalgia e ansia d’infinito per Maria Lai (Ulassai, 27 settembre 1919 – Cardedu, 16 aprile 2013) che sciolti gli ultimi fili che la legavano alla sua terra ha iniziato l’ultimo viaggio. Ci ha lasciati questa mattina – 16 aprile – nella sua casa di Cardedu all’età di 93 anni, circondata dai suoi cari, l’artista bambina che sognava di fare la cantastorie perchè come tale avrebbe vagato di paese in paese raccontando antiche credenze popolari, favole ma anche stralci di drammatica realtà. Ed è proprio ciò che ha fatto una volta rientrata in Sardegna dopo essere stata allieva a Roma di Viani e Mazzacurati, e a Venezia di Arturo Martini. Ha tessuto fiabe e leggende rifacendosi all’arte della panificazione e della tessitura sarda, intrecciando simbologie ancestrali con lo spirito e lo sguardo di una bambina sempre alla scoperta di nuovi mondi. “Giocavo con grande serietà e ad un certo punto i miei giochi li hanno chiamati arte”, confessa Maria Lai, per la quale la spontaneità del gesto e della creazione attraverso la metafora sono il modo più semplice per parlare alla gente più comune e coinvolgerla nei suoi giochi: “sperimentare la possibilità creativa di chi è conscio, nel momento in cui sceglie di agire, di partecipare ad un grande gioco, di far parte non soltanto della storia della sua comunità, ma d’essere anche un attore e creatore di una grande immagine che quando riesce è arte”.
Già affermata negli anni Sessanta ma insofferente per la lontananza dalla sua terra e per il carattere schivo e refrattario, propone la sua prima performance collettiva nel 1981 proprio ad Ulassai collegando le abitazioni con ventisei chilometri di nastro azzurro, operazione simbolica che ha coinvolto l’intera comunità e che l’artista ha voluto premiare con una considerevole donazione confluita in una Fondazione per la quale nel 2006 sono stati ristrutturati gli ambienti dell’ex stazione ferroviaria dove tutt’ora sono custodite oltre 140 opere d’arte. Dalle “Geografie”, mappe astrali disegnate col filo, alle sculture, fino ai progetti installativi come “Invito a Tavola”, creato per Pitti Immagine Casa nel 2004: tavola imbandita coi celebri pani in terracotta, presentati per la prima volta in occasione della Biennale di Venezia del 1978.
Intanto prosegue a Milano, alla Galleria Morone, la personale “Tracce di un Dio distratto”, con l’auspicio che Maria Lai continui ad essere celebrata, nella sua terra come in Europa e negli Stati Uniti, per quella grande artista che è stata, capace d’incantare bambini e adulti, sorprendendo quanto per la disarmante semplicità tanto per la saggezza.

- Roberta Vanali

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