Pablo Echaurren a Roma

1951, stesso anno del basso elettrico e di Jaco Pastorius, il più grande bassista di tutti i tempi, sottolinea quando gli si chiede l’anno di nascita. Parliamo di Pablo Echaurren, celebrato a Roma con una generosa e ben riuscita antologica che ne ricostruisce l’articolato percorso artistico. In una location che diventa sede del contemporaneo...



Eclettico protagonista sin dagli esordi di una cultura alternativa nonché artefice di una visionarietà dal ritmo prorompente fatta di citazioni graffianti, di un simbolismo dai colori stridenti che deflagrando esplode in una fusione di generi e stili, Pablo Echaurren è un vorace sperimentatore che inevitabilmente sfugge ad ogni tipo di classificazione. Indiano metropolitano, marinettiano per vocazione col tarlo dei Ramones e un amore viscerale per il basso elettrico, concepisce la pittura come strumento in grado di placare l’animo inquieto. Ludico ma non troppo, che sia malincomico o melanconico, il suo universo fantasmagorico si muove sulle ruvide note punk-rock, fluttua e pulsa di irrefrenabile energia in un mix di forza e immediatezza espressiva che guarda alla lezione surrealista per confluire nella pop art di Lichtenstein, passando per Twombly e il graffitismo metropolitano, senza disattendere la visione futurista. Il tutto filtrato da una curiosità analitica che si traduce nella catalogazione più rigorosa della realtà attraverso dipinti, illustrazioni, fumetti, pamphlet, romanzi, copertine di libri e cd. In una contaminazione di codici e linguaggi - tra riferimenti popolari e non - che lo vede protagonista creativo a 360°, poiché ogni espressione è lecita e necessaria




Quarant’anni di intensa attività si condensano nell’ampia antologica che la capitale gli dedica attraverso un percorso a ritroso introdotto dalla produzione più recente. Dipinti di grandi dimensioni e gioielli ispirati alle icone della romanità antica come Umbilicus Erbis, mosaico circolare con teschi collocato al centro in riferimento al Mundus del Foro romano, Finché morte non ci unisca, dove la mano con l’indice sollevato di Costantino - frammento del Colosso - campeggia in primo piano o la versione dark-fashion della Lupa Capitolina. A seguire la sala delle ceramiche faentine esibisce, invece, maioliche dal fondo blu decorate con una reinterpretazione delle grottesche rinascimentali, ora un vorticare ossessivo di dragoni cinesi, uccelli piumati aztechi e gargoyles. Graphic novels - tra cui il primo metafumetto Terremoto Picasso -, collage, copertine - immancabile Porci con le ali -, manifesti, illustrazioni e libri si concentrano nella sezione cartacea che converge nella serie dedicata alla musica. Ancora grande spazio alla pittura nell’ultima parte del percorso che contempla il ciclo della natura, dall’inesorabile scorrere del tempo alla consapevolezza della morte, per chiudere con le minimaliste miniature incasellate che tanto piacquero a Barucchello e Swartz







Tenebroso seppure sgargiante, barocco nonostante la sintesi, poetico per quanto dirompente, capace di accorciare le distanze tra macrocosmo e microcosmo per allargare i confini della conoscenza ed esorcizzare conflitti esistenziali. Così si configura il controverso cosmo di Pablo Echaurren. Dominato dal ritmo mantra di un basso, dall’onnipresente spirito ante punk di Marinetti e dai versi del migliore degli ottimisti: Leopardi.  


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