Fondazione Nivola contro Museo Man. A Nuoro è polemica

Vogliono distruggere una delle piazze-monumento più importanti del mondo, tuona Ugo Collu, presidente della Fondazione Nivola, in merito all'ampliamento del Museo Man che si affaccerà su Piazza Sebastiano Satta, progettata da Costantino Nivola nel 1966, e che prevede la ristrutturazione di Casa Deriu. La stessa piazza che da anni versa in grave stato di degrado e che solo grazie al Man è stata preservata dai vandali realizzando a proprie spese le copie dei piccoli bronzi da sostituire agli originali, ora esposti nelle sale della collezione permanente. Contro questa regressione culturale, che pare ancora diffusa in gran parte dell'isola, Cristiana Collu, direttrice del museo, ha pensato bene all'intervento di alcuni testimonial che sostenessero l'intervento. E le risposte non si sono fatte attendere, ad iniziare da Carlo Aymerich, preside della Facoltà di Architettura dell'Università di Cagliari, che dichiara: “Non ho dubbi nel considerarla estremamente valida, architettonicamente equilibrata e corretta nella sua chiarezza compositiva e senz'altro rispettosa del contesto e con una neutralità astratta che non attua alcun tipo di prevaricazione nei confronti dell'ambiente in cui si colloca; al contrario, nella sua differenzialità, lo sottolinea e notevolmente lo valorizza”.





Anche lo scrittore Marcello Fois dice la sua: “Saremo civili quando avremo gli strumenti per discriminare un contemporaneo armonico dalla scimmia del contemporaneo e, soprattutto, dallo stile ‘nuorese' che non si sa cos'è, non si sa com'è... si sa solo che non è finito. Si sa solo che nella nostra visione tradizionale si è insinuato il tarlo di un'identità senza uno sguardo al futuro”. Per finire con l'Amaci, Associazione Italiana Musei d'Arte Contemporanea che riunisce 24 tra le principali realtà museali della nazione e che pare non avere dubbi nel confermare che l'intervento proposto, ispirato ad un linguaggio architettonico essenziale e semplice, non solo è rispettoso della piazza, ma ha il pregio di interagire con essa e, offrendo alla comunità una fruizione culturale del luogo, ne arricchisce la dimensione socializzante. Si ritiene dunque che il progetto di riordino e ampliamento complessivo del Museo costituisca non solo un'opportunità per l'arricchimento della proposta museale, ma anche un'occasione importante per la riqualificazione e il miglioramento dell'attuale contesto urbanistico. Il progetto, visibile nella Sala 1 del Museo, prevede un ampliamento complessivo che parte dalla sede storica inglobando ex Casa Dedola, che diverrebbe sede amministrativa e direzionale, ed ex Casa Deriu, che oltre alle sale espositive darebbe spazio a laboratori didattici, bookshop e cafè, mentre la sede di Via Satta ospiterebbe la collezione permanente d'arte sarda. (roberta vanali - exibart speed)

Commenti

  1. Anonimo10:28 AM

    Per la verità il progetto è molto discutibile. Il fatto che venga sostenuto da molti non dà garanzia che sia ciò di cui la Piazza realmente abbisogna. Ritengo che sarebbe stato più giusto riprodurre una facciata del nuovo corpo in materiali trasparenti integrati per dimensione e colore a quelli della piazza stessa. Ci sono un`infinità di esempi che si possono prendere come modello di riferimento. In realtà la visione determinata in questo progetto ci lascia questa facciata monca e assimetrica. Il problema era facilmente ovviabile. Ma manca la creatività.

    Il Man rimane una buona realtà, ma troppi incensi la stanno rendendo più debole nella sostanza di quanto si voglia far credere. Che senso ha importare continuamente mostre viste e riviste per se non per compiacere critici e curatori amici? Conosco piccole realtà museali molto più attive di quella del Man (vivo fuori dall`Italia da 15 anni) e con budget molto più contenuti. Prendete per esempio il sito web del museo Man, uno scandalo! In Sardegna nonostante Tiscali e le tecnologie, non c`è un unico museo che abbia un sito decente. Eppure i modelli sono infiniti. Mancano di chiarezza, di informazioni. Anche quelle più elementari. In genere le Istituzioni forniscono documentazione su tutto, a partire dalle dimensioni (espresse in metri e centimetri!) delle strutture espositive.
    I premi ricevuti, anche dal Man, rientrano in quel sistema di marketing reciproco che i soliti curatori propongono. I musei come quello dovrebbero essere un laboratorio, invece nulla di ciò.

    Lavoro spesso con musei e gallerie private in Francia, in Usa, in Germania, Austria e Svizzera ma mai ho visto una così grande precarietà. La cosa più triste, troppo spesso, questa precarietà è accompagnata da una autoreferenzialità ingiustificata.

    Non vedo futuro. Prospettiva. Bisognerebbe cambiare troppe cose. A partire dalle teste.

    Ps. L´ampliamento si farà, ma si è persa un`occasione da ambo le parti per fare innovazione nella tradizione. Troppa politica nuoce ai bisogni e alle idee. Peccato che gli intellettuali siano troppo "organici". Libertà è altro. Auguri.

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  2. Anonimo3:19 PM

    ...certo è vero che il numero di adesioni e di riconoscimenti non può essere garanzia di qualità...però è altrettanto vero che a riconoscerne il valore non è una "quantità" ma anche una "qualità" di persone che l'architettura e le città non solo le conoscono e le studiano, ma anche contribuiscono a farle e trasformarle, sia fisicamente che intellettualmente...certo resta il fatto che è ovvia la possibilità di ritenere comunque discutibile il progetto...ma se mi rivolgo all'architettura contemporanea svizzera, iberica e in particolare portoghese (oggi tra gli esempi più alti di architettura, con radici profondamente italiane e una indagine strutturale sul paesaggio, centri storici e "tradizione" ma soprattutto contemporaneità)devo riconoscere che tutto rivela questo progetto tranne che "mancanza di creatività" e per capirlo bisognerebbe leggere l'intero progetto e non fermarsi a quella facciata che non è uno schermo o una pelle dell'edificio ma inevitabile conseguenza delle relazioni spaziali interne ed esterne...io ritengo questo intervento deciso e chiaro e profondamente "creativo" perchè interprete della vita e del tessuto urbano. Basti vedere come sono messe in relazione la via angioj (praticamente il Corso Garibaldi) e la Piazza, con la caratteristica di non essere un prolungamento fisico della piazza (per quote e materiali) ma solo di aver portato dentro l'edificio la presenza forte della piazza con un chiaro rapporto visuale e orientativo, basti osservare la dimensione pubblica dello spazio a doppia altezza che consente di portare il cielo dentro l'edificio anche nello spazio interrato (sotto il livello della piazza)..insomma nessun dubbio sul fatto che in questo modo si vada a "completare" il discorso portato avanti da Nivola, sulla reale domanda da lui stesso posta "si può fare di un'opera d'arte uno spazio pubblico"? o può essere uno spazio pubblico un'opera d'arte? forse si...ma solo se si ha il coraggio di accettare il fatto che è da inserirsi nella dimensione urbana, cioè quella dimensione che inevitabilmente e per fortuna è soggetta alla contemporaneità e alla vita quotidiana e le sue inevitabili traformazioni...Sul fatto che "sarebbe stato più giusto riprodurre una facciata del nuovo corpo in materiali trasparenti integrati per dimensione e colore a quelli della piazza stessa" francamente non capisco...il volume è esattamente lo stesso dell'edificio preesistente (e non poteva essere altrimenti), il colore pure...è bianco come tutti gli edifici intorno e come la piazza...la grande vetrata è certamente trasparente...e ha la dimensione adatta all'ingresso di un edificio pubblico e al contempo consentire la giusta relazione tra interno ed esterno...quali sono questi esempi da prendere di riferimento?...perchè francamente ne ho già trovati una miriade in giro per il mondo e tutti di alto livello...ce ne saranno cento mila altri è chiaro ma mi pare che questi siano più che una garanzia! Saluti, Mario

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